Prima di "Waterfront", di "Don't you (forget about me)" e di "Mandela day", prima del Live Aid e dei concerti negli stadi, i
Simple Minds erano una giovane band arrembante di art rock elettronico con ambizioni sperimentali. Erano gli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, gli anni di "Life in a day", di "Real to real cacophony", di "Empires and dance", di "Sons and fascination/Sister feelings calling" e di "New world dream (81, 82, 83, 84)", dischi che l'anno prossimo torneranno all'attenzione del pubblico grazie a una duplice operazione siglata 5X5, un cofanetto EMI in uscita a febbraio 2012 e un tour "retrospettivo" che parte il 14 di quel mese in Portogallo per approdare in Italia all'Alcatraz di Milano, unica data italiano, il giorno 28 (
biglietti in prevendita da oggi, 25 novembre, su TicketOne, dal 2 dicembre anche su Ticket.it e Bookingshow). 5 canzoni per 5 album, una scaletta di 25 pezzi e due ore e mezza di musica che sono un regalo ai fan della primissima ora ma anche al pubblico troppo giovane per aver vissuto quell'epoca in prima persona.
"Ci saranno canzoni che non suoniamo da trent'anni, altre che dal vivo non avevamo mai eseguito" ci spiega al telefono
Jim Kerr da Londra. "E' una sfida, ma sarà anche divertente. Siamo onesti: è una cosa nostalgica ma non mi imbarazza affatto, dal momento che abbiamo già scritto nuove canzoni e che l'anno prossimo andremo in studio a registrarle. Nel 2013 contiamo di uscire con un disco nuovo, scegliendo 10-12 brani dalla ventina che intendiamo preparare". Nel frattempo..."Nel frattempo sono lieto di tornare a occuparmi di quei vecchi dischi perché sono ottimi album che noi stessi avevamo trascurato. Non si può tornare al passato ma lo si può evocare: la sfida è farlo nel modo corretto, suonando quelle canzoni come devono essere suonate. Sappiamo come farlo e ci impegneremo al 100 per cento delle nostre forze. Vogliamo ricreare l'atmosfera di quei vecchi show, che furono molto importanti per la nostra carriera e per la gente che è cresciuta con la nostra musica. Negli ultimi due tour dei Simple Minds avevamo già incluso in scaletta un paio delle nostre 'canzoni perdute'. Suonavano benissimo, e stranamente anche molto attuali. E ogni sera erano quelle che riproponevamo più volentieri".
Cosicché Kerr e Charles Burchill, cotitolare del marchio, si sono decisi al gran passo. Incoraggiati anche dagli hardcore fans che non vedevano l'ora di riascoltare dal vivo i dischi del primo periodo, e dalla casa discografica EMI che ha in uscita il cofanetto retrospettivo. "Sono contento che venga pubblicato", spiega Kerr. "Il nostro back catalog è stato troppo a lungo dimenticato, non adeguatamente promosso presso le nuove generazioni. Siamo stati coinvolti nell'operazione: Charlie, che tecnicamente è molto più ferrato di me, si è occupato delle rimasterizzazioni, io della grafica e del design. Ci saranno pezzi dal vivo e lati b di singoli che non erano mai stati pubblicati su cd...Non li ascoltavo da molto tempo, quei dischi, e una quindicina di anni fa li guardavo come si guarda a una vecchia giacca che non hai più voglia di indossare. Ma il pop è come il design o l'architettura, tutto torna ciclicamente quando nasce un nuovo contesto che ti permette di guardare le cose in una prospettiva differente. Ogni volta che riascolto in qualche programma televisivo qualcuna delle vecchie canzoni mi ritrovo a pensare che sono ottimi pezzi, con grande energia e belle melodie. Anche per questo abbiamo sentito che era il momento giusto di farle riascoltare dal vivo: l'idea è di preparare otto canzoni per ogni ogni album, 40 titoli da cui scegliere ogni sera i 25 in scaletta in modo da variare sempre la proposta. Pensavo di dare un colpo di telefono a Simon, un nostro super fan che gestisce un sito Internet dedicato alla band, per chiedere qualche consiglio anche a lui. Ne sa più di me, sicuramente lui ricorda qualcosa di cui noi ci siamo dimenticati...Io e Charlie stiamo già lavorando su qualche arrangiamento, agli inizi dell'anno prossimo ci ritroveremo a provare con gli altri musicisti. Ma prima di allora ognuno avrà un sacco di 'compiti' da fare a casa...". Il sound dei Simple Minds, allora, era molto differente da quel che sarebbe poi diventato...
"E' vero, ognuno di quei dischi aveva un suono diverso. 'New gold dream' fu un album molto speciale per noi. Ogni giorno che entravamo in studio a registrare eravamo entusiasti di quel che veniva fuori. Non suonava solo bene, sembrava proprio la musica perfetta per i tempi. I dischi precedenti furono le tappe di avvicinamento che ci portarono verso quella maturazione, a riascoltarli oggi puoi forse sentire troppe influenze esterne. 'New gold dream', invece, ha il suono dei Simple Minds. Ma amo anche quello che abbiamo fatto in precedenza, canzoni come 'Love song' o 'The American'. 'Sons and fascination' è un disco di grande immaginazione, con un cuore più scuro. E' zeppo di musica, è come un uragano mentre 'New gold dream' è il mattino dopo la tempesta, quando l'orizzonte si è nuovamente rischiarato. E a proposito di cicli... abbiamo ripreso a collaborare con Steve Hillage, che aveva prodotto 'Sons and fascination' e che non vedevo dal 1981. Strano, vero? Ancora più strano che siamo tornati a lavorare nel cuore di Londra proprio come allora, a pochi metri di distanza dal vecchio studio. E oggi come allora ci sono rivolte nelle strade. E' come se nulla fosse cambiato".
(Articolo tratto dal sito: rockol.it del 25 nov 2011)
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